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Vicolo Cieco

| venerdì 17 febbraio 2012 | 0 commenti |
Non puoi nascondere quello che sei. Il passato spunta sempre quando meno te l'aspetti. E ti senti mancare il fiato. Il battito si ferma.
Il cambiamento immutabile avviene nell'animo. Respira, pensa, agisci. Ma niente ti riporta indietro, che tu voglia o no. 
Guardami. Ammirami. Osservami. Studiami. Non esiste sofferenza psichica maggiore del sentirsi soli e abbandonati. 
Come credi che sia arrivare verso un vicolo cieco e non avere più possibilità di proseguire? 
E avere la consapevolezza di non potersi voltare, di non poter guardare indietro, di non poter tornare all'inizio del cammino e non poter cambiare direzione. 
Per qualcuno è la fine. La fine di un inizio mai cominciato. E per quanto tu ti attecchisci al muro, per quanto ti raggomitoli su te stesso, sei troppo imponente per nasconderti, per sparire.
In un'altra vita, potresti essere qualcos'altro. Avrei potuto decidere meglio chi diventare. Ma non ora, non qui. Non più.
Hai forato una gomma in un sentiero buio e campestre. E per quanto tepore ci sia nel clima circostante, tremi. Sperduto, solo. Lontano dal mondo. Lontano da tutto e tutti.
E allora vorresti essere una stella. Vorresti brillare, alta, nel cielo. Vorresti illuminare chi, dal basso, ti ammira. 
Quando provi a guardare come ti sono diventate le mani, tremano. Come foglie caduche da un albero d'autunno. Come fiori mossi e scostati dal vento. 
Io ho detto che potevo stare senza te. Ma come può esistere il giorno senza Sole? Come può splendere la notte senza Luna? 
Come può un uomo esprimersi senza verbo? 
Narratemi di luoghi in cui esiste terra che non sia bagnata dall'acqua del mare.
Di oceano senza pesci. Di nidi senza uccelli. Di terra senza erba. Di cielo senza stelle.
Come può vivere un uomo senza anima?
Sei tu che flagelli le mie carni, che ardi i miei pensieri. Che dai aria ai miei respiri. 
Un uomo E'. Esiste. Può essere. Ma non sarà. E mai diverrà.
Possono le parole fermarsi al punto di partenza? Non esiste una ragione per cui si vive. Esistono ragioni per cui si sopravvive, si lotta. Ragioni per cui si finge di esser felici. 
Motivati da insolite passioni. Strane sensazioni. Impossibili emozioni. 
Ma il tuo domani sarà chiaro? Non cercare la semplicità nelle cose. Cerca la semplicità nei tuoi gesti, nei tuoi ricordi.
Non provare, sii. Non tentare, fai.
Non giungere impreparato al vicolo cieco. Perchè, credimi, non è un traguardo errato. E' il capolinea.
Non spegnerti senza aver fatto abbastanza, sii pieno. 

Lacrime Amare (22 Aprile 2011)

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“Vi è mai capitato avendo una gran sete di aprire un cartone di latte di versarvelo in bocca e di scoprire che è acido? È quello che è successo dentro di me… Per sempre.”
Non sono mai stata una persona capace di rendersi conto di aver un problema. Mai mi sono reso conto di averne qualcuno. Né mai ho, forse creduto di averne.
Ultimamente, poi, sono giunto alla conclusione che se davvero credi di aver un problema, ne parli o ci pensi soltanto, allora questo è. Esiste. Diventa. Nasce.
Perchè piangersi addosso o star male se si può benissimamente ignorare l’errore e saltarlo. Oltrepassare l’ostacolo.
Non credo di averne più bisogno.
Non ricordo nemmeno lontanamente quando lacrime amare hanno percorso e rigato il bianco delle mie gote. Non sospiro immensamente da non so quanto tempo.
E’ possibile che il mio cammino sia illuminato da una radiosa e possente luce?
Probabilmente nella vita esistono due categorie di persone.
Persone che si straziano, non lottano, si sacrificano, non ammettono, soffrono. Persone che, turbate dalla realtà, si decidono ad andare avanti.
E poi ci sono persone che sorridono, fingono che nulla sia mai accaduto, che niente le abbia mai sfiorate e scalfite. Creano un mondo parallelo in cui tutto va e continua ad andare per come doveva andare. E ancora sorridono nascondendo al mondo reale e a se stessi la realtà.
Quale delle due categorie vince? Chi, tra i due, soffre meno?
Chi dei due versa lacrime amare e tangibili? Reali?

That's A Secret (19 Marzo 2011)

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“E’ meglio mentire agli altri per evitare che questi soffrano e far sì che la sofferenza diventi un tutt’uno con noi stessi, oppure essere schietti, sinceri, magari a volte anche cinici e dare una sofferenza momentanea a qualcuno per evitare che sia poi il nostro stesso Io a star male?”
Se ci fosse qualcosa di cui pentirmi, sicuramente sarebbe la mia scarsa capacità di esser onesti fin da subito con le persone a me care.
Era Marzo, qualche giorno prima dell’Equinozio di Primavera. Il tempo sembrava finalmente essersi schierato dalla parte del Sole nonostante qualche giorno addietro la pioggia aveva invaso le strade cittadine a cui ero abituato ad affacciarmi.
Quella sera non v’era Vino a contornare la mia cena. E si sa, quando qualcosa non va come vorrei sono solito accompagnare le mie gelide e solitarie serate a qualche bicchiere di vino e un paio o più  sigarette. Tendenzialmente sono Marlboro, prima Light, nel recente preferisco le Touch, forse per l’eleganza del loro pacchetto. Nero, come il buio, la notte. Con quella scritta laccata in oro che illumina quelle notti più tenebrose, desolate.
E il rosso porpora del vino era inesistente. Rigorosamente rosso perchè possa ricordarmi il colore del sangue che viscera lento ed inesorabile dai polsi lacerati da una lama. Rosso così che posso ricordarmi il colore vivo e acceso della Morte.
Le bugie erano diventate troppe, i finti sorrisi accompagnavano le frasi dette giusto per il piacer di sibilar qualcosa. Niente era concreto e reale, tutto era vano.
La mia vita era fatta di illusioni, di sogni. Vivevo in un mondo parallelo. Ma niente poteva scalfirlo, sconvolgermi. Nella vita che mi ero immaginato andava bene così. Tutto doveva essere perfetto.
Io annuivo continuamente, niente mi turbava, all’apparenza.
Non era così. Era un segreto, un segreto solo mio che custodivo gelosamente dentro i miei sensi più arguti.
Questo E’ Un Segreto!

Incongruenze (22 Luglio 2010)

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La verità è che la gente cambia e lo fa davvero, ma seppur si modifichi, si migliori, dentro, anche nella piccolezze, rimane sempre la stessa. Tangibile, fragile, dura, forte, emotiva. Rimane la persona che è sempre stata. Il suo guscio si irrigidisce, si fortifica ma se viene scalfito nel profondo, cioè che ha sempre dimorato dentro, viene fuori.
E’ per questo che oggi il ragazzo di sempre ha avuto un distacco dal gelo che lo circonda, ha lasciato che la sua gola diventasse secca, la sua voce aspra e sudasse freddo. Perchè per quanto ci si sforzi di essere forti, felici, la gente non ha rispetto. Non ha rispetto di te, per quello che vivi, quello che provi a creare, quello che cerchi di realizzare.
La mia fortuna è quella di avere intorno un barlume di speranza, di gioia, di amore che viene mantenuto arso e intenso dalla mia stessa persona, da quello che sono, da quello che gli altri vedono e percepiscono in me, qualsiasi sia la forma di cinismo in cui mi rifugio.
Forse un anno fa, due al massimo, sarebbe stato diverso. Avrei pianto. Sì, lo ammetto. Avrei versato lacrime amare, strazianti. Oggi cambio e mi rammarico. Ma passa. Duole, ferisce, ma tutto si rimargina prima o poi. Tutto, eccetto che te. E non ha senso dire che non dispiaccia. Che va tutto bene. No, perchè non sarei qui a scriverne.
E non credo che fare un salto temporale in queste pagine sia necessario a tal punto da scordarmi di cos’è che vivevo. Credo che in queste memorie, lontane, reali, fantastiche ma a volte così dannatamente tangibili, ci sia la voglia di crescere. Di far provare agli altri quanto ho provato. Quanto è cambiato, cresciuto.
E non sarà certo una sigaretta e un bicchiere di vino con degli amici a colmare quello che si è perso. Non sarà nemmeno una scopata senza valore a farlo.
Sarà la forza che risiede in un sorriso, nelle gratificazioni, anche le più piccole, che ogni giorno ricevo. Perchè è per questo che vivo. Per quando percepisco che qualcosa di buono l’ho fatta, che qualcuno se n’è accorto. Magari non è quel qualcuno che speravo. Ma comunque ci si è accorti di quanto valgo. Mi dispero? Mi preoccupo? Che senso ha? Tutto viene alla fine. Tutto.
E credimi, ho assaporato più soddisfazioni in tutti questi anni, che quando stavo con te. E forse è anche merito tuo..

Differenze (18 Luglio 2010)

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Tutto ha avuto inizio un giorno autunnale di tre anni fa. L’estate si era conclusa da un paio di settimane ma la temperatura circostante faceva immaginare che l’estate fosse ancora viva e lunga. Erano passati niente che che pochi mesi dall’esame di maturità di Josh e del suo migliore amico e sembrava che finalmente una nuova vita li attendesse a braccia aperte. Era passato invece poco più di un anno dalla fine di storia d’amore intensa, appassionata e folle e nonostante sembrasse che Josh ne fosse ormai fuori, qualcosa dentro di sé lo tormentava.
Ed era nel sesso che sfogava quel dolore, quella paura di restare ancora solo. Di perdere, di rimanere sconfitto per l’ennesima volta.
Quel giorno era stato all’apparenza un giorno normale di due ragazzi che lasciano alle spalle il loro passato. Avrebbero incontrato ben presto colei che sarebbe diventata parte integrante della loro nuova famiglia. Si sarebbero circondati rapidamente di segreti, misteri, bugie e tradimenti.
Ed è stato con la cena di benvenuto al nuovo mondo che i due si sarebbe avviati a quella che sarebbe stata una vita nuova, totalmente differente alla precedente. Tanto diversa da sconvolgere le loro vite. Quella sera le aspettative erano più grandi che reali, esageratamente immense.
Tra la folla, agli sguardi vigili ed attenti, incuriositi dei due, erano appena apparse le sagome della disperazione, perdizione e devastazione. E non appena sarebbe stato possibile si sarebbero immesse velocemente fin nel più intimo senso, nel più interno gesto. Era appena cominciato un circolo vizioso di silenzi, di parole dette ad un tono di voce troppo forte e di grida spezzate.
Erano diventati vivi anche se dentro non capivano che stavano pian piano morendo. E non ci sarebbe voluto poco tempo prima di capirlo. Si spegnevano dolcemente senza rendersene conto.

Ero Già Vivo (17 Luglio 2010)

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Era un pomeriggio uggioso di Marzo. Fuori la pioggia scendeva lenta e inesorabile sull’asfalto bagnando le ultime foglie secche cadute da poco dagli alberi. I finestrini della macchina erano appannati per via dell’aria che consumavamo. Uno di questi era leggermente abbassato, giusto quel tanto da far uscire il fumo di una sigaretta ormai quasi del tutto consumata.
I miei occhi vagavano all’esterno. Davanti a me la desolazione di una spiaggia troppo bagnata e di un molo con bagnarole inusate da giorni. Un cane se ne stava lì, a cercare riparo, intontito dai tuoni.
I suoi fissavano me. La mia fronte aggrottata, il mio sorriso spento.
D’un tratto una delle sue mani si avvicinò alla mia ed un tremito mi percosse la schiena. Il sorriso spento si tramutò in qualcosa di diverso. Era malinconico, triste.
Nessuno di noi due sapeva cosa avremmo voluto dirci realmente ma forse quel silenzio valeva più di mille parole, più di mille gesti.
Era la fine.
Quando capimmo che sarebbe giunta l’ora di andare la pioggia cominciò a picchiettare con insistenza sui vetri di quella macchina segnata dal tempo e dagli eventi. Dentro di noi non c’era mai stata voglia di andare, dentro di noi non c’era mai stata certezza di una fine concreta, reale. Eppure il tempo, le emozioni, i sentimenti vanno, cambiano, diventano aridi, secchi.

Finalmente lui era fuori dall’auto, andava verso il vialetto di casa. Quando si voltò verso di me era ormai troppo tardi, avevo acceso il motore e cominciavo ad incamminarmi verso casa.
Per strada il telefono suonava ma ad ogni chiamata il suono dolce e soave della musica emessa dallo stereo aumentava, quasi a tacere un eco lontano. Mai i vetri di quella macchina erano stati così bagnati. E la pioggia scivolava veloce, lesta ma impercettibile.

Era passato un anno, da quella volta e per la prima volta in vita mia, un abbraccio, un suo bacio, non suscitarono in me emozione alcuna.

Ero già vivo.