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Ero Già Vivo (17 Luglio 2010)

| venerdì 17 febbraio 2012 | |
Era un pomeriggio uggioso di Marzo. Fuori la pioggia scendeva lenta e inesorabile sull’asfalto bagnando le ultime foglie secche cadute da poco dagli alberi. I finestrini della macchina erano appannati per via dell’aria che consumavamo. Uno di questi era leggermente abbassato, giusto quel tanto da far uscire il fumo di una sigaretta ormai quasi del tutto consumata.
I miei occhi vagavano all’esterno. Davanti a me la desolazione di una spiaggia troppo bagnata e di un molo con bagnarole inusate da giorni. Un cane se ne stava lì, a cercare riparo, intontito dai tuoni.
I suoi fissavano me. La mia fronte aggrottata, il mio sorriso spento.
D’un tratto una delle sue mani si avvicinò alla mia ed un tremito mi percosse la schiena. Il sorriso spento si tramutò in qualcosa di diverso. Era malinconico, triste.
Nessuno di noi due sapeva cosa avremmo voluto dirci realmente ma forse quel silenzio valeva più di mille parole, più di mille gesti.
Era la fine.
Quando capimmo che sarebbe giunta l’ora di andare la pioggia cominciò a picchiettare con insistenza sui vetri di quella macchina segnata dal tempo e dagli eventi. Dentro di noi non c’era mai stata voglia di andare, dentro di noi non c’era mai stata certezza di una fine concreta, reale. Eppure il tempo, le emozioni, i sentimenti vanno, cambiano, diventano aridi, secchi.

Finalmente lui era fuori dall’auto, andava verso il vialetto di casa. Quando si voltò verso di me era ormai troppo tardi, avevo acceso il motore e cominciavo ad incamminarmi verso casa.
Per strada il telefono suonava ma ad ogni chiamata il suono dolce e soave della musica emessa dallo stereo aumentava, quasi a tacere un eco lontano. Mai i vetri di quella macchina erano stati così bagnati. E la pioggia scivolava veloce, lesta ma impercettibile.

Era passato un anno, da quella volta e per la prima volta in vita mia, un abbraccio, un suo bacio, non suscitarono in me emozione alcuna.

Ero già vivo.

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